#SRILARCA2014 atterra a Colombo! Il primo video e le prime impressioni

L’uomo con il giubbotto rosso fa strani cenni con la mano sinistra. Ci guarda nella pioggia torrenziale dell’aeroporto di Colombo tra rumori vicini e pensieri lontani e poi sorride. Nel cioccolato del suo volto si spalanca un solco bianchissimo come un raggio di sole nella tempesta. “Welcome to Sri Lanka” ci sussurra, con l’aria trasognata e gli occhi nerissimi.

“Chissà a cosa pensa guardandoci tutti insieme” mi chiedo io, mentre fuori dai vetri dell’aeroporto la pioggia si scarica violenta sulla giungla. Palme altissime e capanne colorate oltre i vetri si perdono all’orizzonte, c’è gente che fuori cammina con una mucca magrissima attaccata a un carretto di legno infischiandosene bellamente del monsone e di tutto il resto.

Due giovani donne con abiti azzurri intensi sorridendoci ci cingono il collo con ghirlande di fiori viola. Neppure il tempo di scendere dall’aereo, dopo un volo che non finiva più, che eravamo con tanto di corone sotto al volto bianco e sbiadito per la stanchezza in viaggio su un pullman nelle strade tortuose e umide alla volta dell’hotel.

Attraversando la foresta si succedono capanne colorate, scritte di multinazionali presenti dappertutto, statue di Buddha illuminatissimi e uomini. Uomini sorridenti in ogni angolo, sotto gli alberi e la pioggia, senza l’ombrello e senza futuro. Uomini che ti guardano mentre il pullman scosso dalle crepe dell’asfalto si sofferma.

Intanto continua a piovere. Pozze infinite come costellazioni e ombre si allungano verso la foresta a perdita d’occhio, tetti semi rotti grondano acqua in ogni angolo, il fango si appiccica alle case e alle scarpe. Il pullman procede, il nostro gruppo è stanco ma consapevole e pieno di coraggio. A bordo si sorride, si canta, poi si dorme, si aspetta, si sogna. Aspettative di un viaggio che verrà, che è già venuto, che scorre lungo questa strada tortuosa.

Nella sera e nell’ombra lunga della notte arriviamo all’hotel. In cima ad una collina che si affaccia nel buio e in candeline accese lontanissime arrivano le camere e il riposo per tutti. Resta negli occhi tanto. Voglia di correre, di capire, di pregare, di dormire, di vivere, di freschezza e povertà.

Una cosa è certa: da queste parti, se ti piove sulla faccia, una goccia non è mai una lacrima, ma sempre un sorriso. Forse anche per questo l’uomo con il giubbotto rosso faceva strani segni al nostro arrivo.